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IL MISTERO E L'IGNOTO

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jo8
icon1  view post Posted on 7/11/2015, 22:30     +1   -1




PREMESSA

Interrogativo fondamentale per l’uomo è l’origine e il destino della specie umana, dell’universo, e di tutto ciò che vi è contenuto; introducendo i concetti di infinito nello spazio e nel tempo (eternità).
C’è stata una fase nella storia umana egemonizzata dal pensiero religioso e filosofico. Il primo legato ad una dottrina, imposta al popolo come fede, con conoscenze già pronte, elaborate da una classe sacerdotale, in contatto con un Dio, che ha “rivelato” ai profeti “verità” indiscutibili, che vanno accettate così come sono.
Il pensiero filosofico, invece, ha come strumento d’indagine la logica, che rifiuta soluzioni già pronte, mantenendo libero il pensiero di spaziare sulle più diverse ipotesi (correnti filosofiche), rapportabili con la realtà percepita, che poi è quella offerta dalla natura, solo in parte permeabile ai sensi dell’uomo ed agli strumenti della conoscenza, via via affinatisi.
Ne segue che l’idea che l’uomo ha della natura è limitata, affetta da errori e interrogativi che, nel corso dei millenni, sono stati corretti, in parte, ma non del tutto chiariti. Insomma c’è ancora molto da studiare su noi stessi e sul mondo reale nel quale viviamo.
Sul trascendente (il mondo al di là della realtà, luogo della mente, cui appartiene l’idea di Dio, e del quale i sensi non danno percezione), chiunque può dire qualsiasi cosa, essendo questo frutto di congetture e di fantasie, potendo essere immaginato da ciascuno come meglio gli aggrada.
Il trascendente si configura come la trama di un racconto fiabesco, ricco di miti, di tabù, di leggende, di mitologie, visioni soggettive della specie umana, che raccontano, sostanzialmente, i conflitti che albergano nella psiche, nati dai compromessi fra l’uomo e il suo ambiente familiare e sociale.
Successivamente, l’abilità dell’uomo nel costruire strumenti per avvalorare le sue ipotesi (tecnologia) ha permesso di trasferire quei metodi d’indagine in una nuova forma di conoscenza: l’empirismo scientifico, che si propone di suffragare ogni dichiarazione con delle prove riscontrabili e ripetibili da chiunque, ponendo spesso fine a diàtribe secolari fra le diverse correnti scientifiche e filosofiche.
Lo studio sistematico della matematica, della fisica, della chimica, della biologia, come parti di un unico sapere, riposto nella natura, hanno permesso all’uomo di spiegare misteriosi fenomeni prima attribuiti alla volontà delle divinità.
La natura – che non ha le caratteristiche della divinità, essendo materia, appartenente al mondo reale, non metafisico – è il riferimento assoluto della scienza.
La natura ha un suo misterioso funzionamento, in parte messo a nudo da Darwin.
Circa quattro miliardi e mezzo di anni ci separano dall’avvento delle prime forme di vita, materia organizzata con leggi strettamente dipendenti dall’ambiente.
Nel corso di questa piccola eternità, la vita, da semplici forme elementari, si è evoluta fino a giungere all’uomo, seguendo strettamente quelle leggi che l’uomo ha individuato e classificato nelle discipline scientifiche, ben lungi, tuttavia, dall’esaurire il campo del conoscibile.
L’uomo “antico”, che per il sapere possiamo identificare nei filosofi greci, non aveva la possibilità di verificare le sue ipotesi, sebbene un certo sviluppo del pensiero scientifico già c’era stato, all’epoca della nascita della filosofia in Grecia (ottavo secolo a.c.), che primeggiò nel mondo antico.
Assai sviluppate erano matematica e astronomia.
L’uomo, come unico mezzo per capire la natura ed il mondo, più in generale, aveva la logica, o meglio, il pensiero secondo logica. Questo metodo cerca di ridurre gli errori dovuti alla soggettività di chi pensa e costituisce anche la base del pensiero scientifico. Più che opposizione tra scienza e filosofia c’è continuità ed un passaggio del “testimone” come in una staffetta.
La filosofia ha già detto tutto quello che aveva dire, ma non ne vuol sapere di lasciare il campo, perché è creata dagli umani e ne porta tutti i difetti.
Così costoro si sono inventati la “filosofia della scienza”, e continuano a blaterare sul nulla… ma ne hanno di tempo da perdere!
Molte ipotesi sui destini dell’uomo e del mondo non potevano essere dimostrate se non attraverso i sensi umani, purtroppo assai limitati.
Attraverso una logica tutta sua, ma condivisibile, Aristotele classifica gli elementi fondamentali della materia in: aria, fuoco, acqua e terra.

Questa classificazione, basata sulla percezione della natura attraverso i sensi, risente delle scarse conoscenze scientifiche dell’uomo di allora, non supportato da strumenti tecnologici per provare le sue intuizioni.
Grazie alle conquiste del pensiero scientifico, fra le quali il metodo sperimentale, la conoscenza umana si è sempre più ampliata. Oggi un pensiero logico, per non incorrere più in quegli errori, deve essere confermato dalla sperimentazione.

C’è quindi un confronto continuo delle intuizioni umane con le leggi della natura, unico riferimento per tutti, che possiamo considerare come una definizione di ciò che è reale, certo, sicuro.
Un pensiero apparentemente logico es. “Siccome non esiste effetto senza causa, ergo, la vita umana è opera di un altro essere infinitamente potente” può essere errato.
Il pensiero più propriamente scientifico considera questa deduzione solo come un’ipotesi, cioè qualcosa che attende di essere dimostrato e, fintanto che non lo sarà non verrà considerata “legge”, vale a dire qualcosa di certo, di non più contestabile.

Del resto, cosa significa “essere infinitamente potente”, più tardi identificato con Dio, come deduzione anch’essa logica? Assolutamente nulla, sembra più un’invenzione infantile, tanto per dare una risposta, perchè, l’infinito, pure per deduzione logica, non può esistere. Ma a questo tema dedicherò un altro capitolo.
Il pensiero religioso, invece, la considera come una prova che Dio esiste. Come abbia poi fatto questo essere immaginario a creare un universo, è tutto da scoprire ma, di solito, i religiosi rispondono che la mente umana è troppo debole per capire l’opera del divino e tutto va accettato per fede.
Di fronte ad un fatto inspiegabile la scienza si ferma e dichiara: al momento non conosco le origini di questo fenomeno ma, in futuro, con ulteriori studi, potrò forse dare una risposta.
Mentre la filosofia continua a fornire ipotesi, la religione vuol dare certezze, anche senza fondamento. E’ sufficiente che ci siano un sufficiente numero di babbei che ci credano.
Per chi fa proselitismo l’essenziale è diffondere una fede giustificata con la “verità rivelata”. A questo punto, chi possiede la “verità”, che bisogno ha di professare una fede?
La risposta sta nel fatto che la verità di cui si parla non è una verità ma solo un’affermazione alla quale bisogna credere, perchè dettata dal Signore, cioè da Dio, attraverso i profeti scalatori di monti.
Costoro raccolgono la “parola del Signore”, sulle alture, dove il cielo sembra chinarsi verso terra, perchè il Signore, pur essendo in cielo, in terra e in ogni luogo, preferisce guardare la terra dalle nubi, col suo occhio triangolare.
C’è sempre un intermediario che raccoglie “la parola di Dio” e la spiega al popolo. Solo pochi eletti possono parlare con Dio. Vi lascio immaginare, con questo modo di fare, quali manovre sono possibili da parte di caste sacerdotali nei confronti del popolo e dei governi.
C’è chi sale più in alto dei profeti? Certamente, uno di questi è il Messia, Gesù Cristo, ed un altro è Maometto.
In molte religioni si ripete l’unione feconda della divinità con l’uomo: ne è ricca tutta la mitologia Greca ma anche quella delle popolazioni del centro e del nord Europa, in quelle asiatiche e amerinde.
Chi ha fede accetta la verità senza discutere.
Perchè è difficile, nonostante tutto, aver fede? Perchè le verità rivelate soddisfano l’affettività degli esseri umani, non la ragione, la quale si trova, tuttavia, di fronte un’altra verità, meno contestabile: quella della natura.
Troppo spesso la fede entra in conflitto con la natura.
Sono “verità”, quelle di fede, raffazzonate, rozze, assolutamente inverosimili. Non sono state ideate per dare risposte serie ma solo per governare le coscienze, talvolta a fin di bene, più spesso per sottomettere l’altro, per controllarlo, per appropriarsi “legalmente” dei suoi beni e dei suoi servizi.
Niente Corano, Bibbia, Torah, Talmud, Veda… dunque, se vogliamo uscire dal limbo dell’assurdo, e via da qualsiasi altro insegnamento religioso.
Ciascuno, allora, fuori dalla scuola, provvederà alla propria preparazione, se crede, con i tempi che riterrà opportuni.
Si tratta di scelte molto personali, che investono la propria coscienza, la propria emotività, le inquietudini irrazionali, la propria cultura extrascolastica.
Ci sono numerose chiese e moschee che possono provvedere allo scopo.
La scuola, invece, deve insegnare a ragionare in proprio, come difendersi dai venditori di oroscopi, di numeri al lotto, di pozioni magiche e, quindi anche dai maghi, sciamani e sacerdoti di ogni religione.

SEGUE...

Il mistero e l’ignoto
Vediamo la differenza fra questi due termini.
Dietro il mistero c’è qualcosa di grande, di pregnante, d’indefinibile, d’inaccessibile ma, proprio in conseguenza di ciò, per chi ci crede, c’è timore, rispetto, fascino, magia, venerazione.
Il mistero, non essendo permeabile dalla ragione, è tramandato integro, quindi istituzionalizzato, per proteggerlo dalle manipolazioni degli eretici.
C’è sempre la tendenza, nei mistici perfezionisti e radicali, tendenti alla santità (spesso veri e propri malati mentali), di farsi religioni per conto proprio. Sono persone assai scomode per la gerarchia ecclesiastica istituzionalizzata, perché hanno largo seguito fra il popolo, sempre pronto a cogliere le più favolistiche ipotesi, a patto di essere miracolato, in cambio, assetato di fandonie.
Per prevenire scismi, i papi in passato, a questi matti egocentrici invasati, hanno spesso fatto concessioni, come il permesso di fondare ordini particolari, concedendo l’uso del denaro raccolto con le elemosine e le donazioni. Il fenomeno non è dissimile dalle bande di criminali che si contendono il bottino del popolo derubato e sfruttato, fino a raggiungere un equilibrio basato sul ricatto.

I sacerdoti sono una particolare banda di delinquenti, spesso in malafede, che approfittano della dabbenaggine del popolo per sottometterlo e sfruttarlo, facendogli pure credere che è per il suo bene, per la sua salvezza eterna, panzana incommensurabile.
Il mistero, dunque, va accettato così com’è. E’ proprio sul riconoscimento e la venerazione dei misteri che s’incentra la fede.
Ne cito uno per il cattolicesimo: il mistero della Trinità.
Dio è padre. Ma anche suo figlio, il Cristo, è Dio.
Lo Spirito Santo è la terza parte di Dio, anche persona. Non facile da comprendere la sua ragione d’essere. Può intendersi come la presenza diffusa della divinità, in ciascuna creatura e nel creato. Sono “attrezzi del mestiere” di sacerdote, trucchi, tanto più efficaci quanto meno compresi.
E’ simboleggiato da una colomba o da una fiammella o da entrambe.
Quest’idea di Dio uno e trino, va contro ogni evidenza nel mondo reale: un oggetto, una persona, hanno una loro identità materiale, e solo una, distinta, separata dalle altre; così come il posto occupato da un oggetto non può essere contemporaneamente occupato da un altro.
Proprio questa impossibilità sollecita, nei più inclini alla suggestione, il sogno di immaginare e rendere reale l’impossibile.
Nella religione ebraica, Dio è uno, Jahvè. Si preconizza tuttavia l’avvento di un Messia, che porterà il popolo ebraico alla guida del mondo, popolo eletto (proprio come quello nazista), riscattato da tutte le sue sofferenze; ma il Cristo non è riconosciuto come tale: “addà venì ‘o Messia, chillo nun era buono” detto da un napoletano ebreo.
La predicazione di Gesù, però, ha grande successo. Ecco allora che i discepoli sono costretti a riconoscere la sua origine divina, come lui stesso affermò durante le predicazioni.
Ai discepoli Cristo appare come uomo che soffre e muore… ma un Dio non può morire, ecco, dunque, la necessità di inventare una “resurrezione”, non solo, ma anche la nascita di Gesù, come Dio. In che modo? Essendo un uomo non può che nascere da una donna… ma chi ne sarebbe il padre? Non certo un essere umano, ma Dio stesso, che feconda attraverso un’immacolata concezione.
Se così si sono svolti i fatti – ipotesi assurda ma l’assurdo è particolarmente appetibile ai deboli di mente, usi alla sottomissione e allo sgobbo, senza profferir parola – la nascita di questi misteri, nella sua paradossalità, è il risultato di un ragionamento apparentemente razionale.
Messa in questi termini, la storia di Gesù, un affabulatore come un altro (all’epoca abbondavano come i barboni oggi) esce dall’assurdo solo se si prende atto del bisogno degli apostoli di giustificare le dichiarazioni di Gesù, come figlio di Dio.
La necessità ha voluto che si formasse anche una “sacra famiglia”, come ce n’erano nelle altre mitologie, determinante per il successo della nuova religione.
I misteri si susseguono uno dietro l’altro: Maria, vergine e madre. Nel mondo reale, una madre non può essere vergine.
Ma perché questo bisogno di verginità? Perché alla verginità è legato il concetto di purezza, di inviolabilità.
Questa stranezza è tipica della filosofia sacerdotale, tradizionalmente sessuofobica (ma sotto sotto i sacerdoti sono i peggiori sodomizzatori e stupratori), dimostra come esso (concetto) sia di umana invenzione; infatti non ha senso in natura.
Con la deflorazione non c’è alcuna perdita di purezza o d’integrità ma, semplicemente, l’accesso ad una possibile fecondazione.
Ora, essendo Dio incorporeo, non ha bisogno di deflorare Maria, tuttavia, questa, per diventare madre, deve partorire. L’unico modo per spiegare questo paradosso è ritenere la verginità atto divino.
Il parto non va considerato, in questo caso, deflorazione. C’è una necessità fisica per il passaggio del nascituro, ma noi dobbiamo intendere, per “immacolata concezione”, un atto che nulla ha a che vedere con la fisicità, anche se il “risultato” finale è il Cristo, vero uomo, ma, al tempo stesso, vero Dio (altro mistero). Quest’ultima fu un’affermazione del Cristo, quando si presentò ai suoi discepoli, la sua carta d’identità di truffatore.
Anche Alì Agca, dichiarò di essere il vero Messia e, prima di lui, molti altri, finiti male. A Maometto, invece, andò bene. Dipende dalle circostanze storiche e dal carisma dell’esaltato religioso di turno. Del resto genio e follia possono convivere nella stessa persona e sono estremamente contagiose, la follia largamente superiore al genio.
Molto spesso questi capipopolo sono persone di buona intelligenza, grandi comunicatori, che conoscono istintivamente le regole per la manipolazione delle folle. Sanno sfruttare il sentimentalismo dei popoli, il loro bisogno di avere un padre (la sacra famiglia come riproduzione divina di quella domestica, umana), qualcuno che dica loro cosa fare.
Forse il Cristo era un genio folle, ma pacifista. Maometto, invece, un genio manipolatore che non credeva ad una parola di quello che diceva, ma conosceva a menadito gli effetti della sua retorica sulle folle.
Per anni diresse una banda di predoni, sottraendo alle carovane parte del carico; come fa la mafia col pizzo, ma, a differenza di questa, non si appropriò dell’attività che produce reddito, perché ciò avrebbe significato dover poi lavorare, per Maometto; cioè mettersi nel commercio carovaniero, faticoso e pieno di rischi.
Lui, invece, doveva “mettere i soldi da parte” per conquistare Medina e La Mecca.
Una religione che ha per fondatore un predone, non è mai pacifista. Per questo gli arabi furono grandi invasori, conquistatori, stupratori e impalatori raffinati, perché predoni e nomadi di nascita.
L’etimologia della parola “arabo” ha proprio questo significato: nomade, quindi predone, non può essere altrimenti. I popoli nomadi, nel loro vagare, quando trovano “il prato più verde che c’è” vi bivaccano, saccheggiando il territorio circostante; se necessario lottano contro le popolazioni stanziali. Poi ripartono, lasciando dietro loro immondizia e desertificazione.
Anche nel proselitismo l’Islam, che nasce arabo, ha questa carica di violenza guerriera, intransigente.
In competizione coi predicatori islamici, votati alla conquista, i missionari cattolici, votati alla carità, possono ben poco.
L’Islam è in forte espansione in tutto il mondo, e i nostri imprevidenti governanti, europei e nazionali, stanno offrendo la loro morbida gola alla scimitarra islamica, trascinando anche noi, popolo che li ha eletti. Entro mezzo secolo, se lasceremo fare, la civiltà occidentale sarà agonizzante, forse già estinta.
L’Europa sarà islamizzata in toto. Delle chiese faranno minareti, il Cristianesimo finirà come il paganesimo.
Tornando al mistero, a Dio tutto è concesso, essendo onnipotente.
Ciò basta a dissipare qualsiasi dubbio della ragione nel credente. Qualunque obiezione egli ponga, col fatto che Dio può tutto, ogni disquisizione è troncata fin dall’inizio.
Non c’è dialettica nelle religioni, al più si può discutere sull’opportunità di reintrodurre la proibizione di mangiar carne il venerdì, variare l’orario della messa vespertina, decidere se dir messa in latino o in lingua locale… questioni di vello suino.
Di ridiscutere le basi della religione neanche a parlarne. Nel medioevo si rischiava il rogo; oggi nell’Islam c’è la lapidazione. Per i peccati veniali l’amputazione di qualche arto o centinaia di frustate.
Durante le prediche, nelle moschee italiane, gli Imam ribadiscono che non sono permesse conversioni di islamici al cristianesimo, pena la lapidazione o l’esilio. I convertiti al cattolicesimo, in Italia, devono mantenere l’anonimato.
Gli atei, invece, secondo questi Imam, vanno ammazzati tout-court, possibilmente decapitati o impalati.
In questi filmati diffusi dai terroristi, di decapitazioni, il boia usa gridare che è Allah che sta guidando la sua mano.
C’è poi il mistero della predestinazione, cui ho accennato in altri post, e tanti altri.
Per concludere, il mistero ha molto a che vedere con la fantasia, con il mondo del magico, dell’irreale, dell’assurdo; fino alla follia delirante di chi è predisposto all’ossessione, come alcuni santi.
Questi sono spesso vittime di allucinazioni: vedono e parlano con la Madonna, con Dio, prendono in braccio Gesù bambino (S. Antonio da Padova), sono perseguitati da demoni, femmine lascive, conseguenza del loro inutile tentativo di mantenersi casti (S. Francesco d’Assisi), ricevono la corona di spine dal crocefisso, tenendola per un po’, per penitenza (S. Veronica) o addirittura rivisitano i vangeli, descrivendo con dovizia di particolari, le vicende del Messia, come Maria Valtorta, che dettò (essendo paralitica), migliaia di pagine in proposito, suddivise in nove volumi: la sua follia di visionaria è superata soltanto da quella di chi legge quei deliri grafomani, di mente devastata dall’ossessione.
La fede spinta all’estremo, dunque, intensamente vissuta, ha effettivamente a che vedere con la malattia mentale. E’ una forma di follia artificiale, alimentata ogni giorno con l’autosuggestione delle preghiere, della penitenza, dell’auto-flagellazione, nella clausura dei conventi (i manicomi dei religiosi).
Nella clausura emergono alcune contraddizioni: voler raggiungere la perfezione è un segno di superbia, non di umiltà. L’auto-flagellazione, mortificando inutilmente il corpo, è un’offesa al Dio che l’ha creato. Le gare per “essere più buoni” sono esecrabili, come qualsiasi gara. Basta essere se stessi ed agire bene, secondo le proprie forze.
Non esiste dialettica nelle religioni, poiché chi non accetta la dottrina è messo fuori dalla comunità religiosa, come eretico, a meno che non riesca a ricattare il pontefice facendosi forza dei numerosi fedeli che è riuscito a raccogliere intorno a se, col rischio di uno scisma.
Proprio per questo non c’è evoluzione nel pensiero religioso, esso rimane quasi inalterato, dalla fondazione della religione.
I recenti riconoscimenti della Chiesa al “secolo”, al laicismo, si sono resi necessari per evitare un’ulteriore fuga di fedeli. I contrasti fra fede e scienza erano troppo stridenti.
Coloro che non sono d’accordo possono crearsene un’altra.
Naturalmente s’inventeranno che il loro fondatore è andato a parlare con Dio o che Dio gli ha affidato una missione. Ad es., quella di Cristo: liberare l’umanità dalle conseguenze del peccato originale, riconciliando l’uomo con Dio.
Questa è una costante di ogni religione, indispensabile per essere creduti: “Non sono io che affermo ciò, è Dio che lo fa attraverso di me”.
Una religione, i cui adepti sono in modesto numero, può esser definita setta, da chi sta fuori, logicamente, perché, per chi crede, quella è la vera ed unica religione.
Le religioni più seguite vengono poi istituzionalizzate. Questo non significa che sono più importanti delle altre; hanno solo più potere, che deriva loro dal potere di chi vi ha aderito. Quando ciò accade, la follia delle religioni, non appare più come tale ma le sue nefaste conseguenze rimangono.
Nel film “L’invasione degli ultracorpi” del 1936, soggetto ripreso da più di un regista di film e serial televisivi fantascientifici, metaforicamente l’invasore era il comunismo. Un baccello gigante veniva portato, nottetempo, dagli invasori, accanto alla persona da clonare, la quale, pur mantenendo identica forma corporea, rinasceva con un carattere totalmente cambiato, uniforme a tutti gli altri esseri, pure clonati. Nasceva così una società aliena, dove tutti pensavano allo stesso modo, ubbidienti ad un potere costituito che guidava ogni loro azione.
Questa, in sostanza, l’azione delle religioni: più sono assolutiste, più somigliano a quel modello.
I regimi politici dittatoriali sono il contraltare di quelli religiosi. Il modello è lo stesso: fedeltà, uniformità di pensiero, sottomissione al potere gerarchico, ogni aspetto della vita del singolo è regolato su quello sociale. Una società che agisce come un unico corpo, dunque, dove la volontà dell’individuo è annientata. In cambio il cittadino ha la sicurezza: non deve pensare a nulla, tutto gli verrà dato dal potere, anche se al limite della sussistenza.
Il cittadino di un tale Stato, come il seguace di una religione, ha l’obbligo d’essere felice della sua condizione; a questo stato di felicità fa riferimento ogni preghiera (manifestazione, adunanza nel caso dei regimi).
Nella religione si venera Dio, nella dittatura il tiranno, la cui figura compare ovunque, sotto forma d’immagine, anche gigantesca, o di statua, dalle abnormi dimensioni. Lo stesso succede nelle religioni: il crocefisso appeso in ogni stanza dei pubblici uffici, nelle scuole, sul petto, pendente dalle catenine, sulla cima dei monti o negli abissi, addirittura!
Nonostante nell’Islam sia proibito mostrare immagini o statue, per timore che l’idolatria torni ad imperare, pure nelle manifestazioni si usa portare quadri, spesso enormi, con l’immagine di un barbutissimo Ayatollah, con tanto di turbante. Ne vedremo anche qui, in questa Italia già loro, in futuro. Non potremo più cacciarli; saranno in tanti ed avranno messo radici sulla nostra terra. E’ una conseguenza delle immigrazioni a ruota libera, volute dalla sinistra e dai cattolici.
Come detto, una follia, quando è istituzionalizzata (es. il nazismo, ed ancor più il comunismo) non appare più come tale; diviene normalità. Tuttavia, se la filosofia (ideologia, religione), che guida il governo di un paese, è contro natura, prima o poi sarà spazzata via; di solito dopo una devastante crisi economica (come in URSS) o dopo una sanguinosa guerra.
Ora mi chiedo: come può un essere intelligente accontentarsi delle semplicistiche spiegazioni delle religioni, che vanno contro ogni logica, ogni razionalità, ogni legge di natura?
Una possibile risposta sta nella precarietà psichica, emozionale di chi decide di convertirsi; c’è spesso il degrado economico di una società, la fame, la guerra, le malattie, la paura per l’avvenire; tutti fattori determinanti nella scelta, ma non ultimo un’instabilità emozionale, sentimentale. Molte persone non riescono a maturare, a divenire autonome, temono la solitudine, hanno bisogno di appoggiarsi a un’idea forte, ad un padre spirituale, ad una dottrina che imponga regole di vita. Non hanno fiducia nella propria intelligenza, sono mentalmente pigre, inette.
Credere in una religione equivale, però, ad annichilirsi umanamente; tornare più simili alle bestie, che non ragionano, attente solo alle frustate del padrone (= le omelie del prete sul pulpito, del Papa sul balcone che urla ovvietà) e vivere del pensiero di una classe sacerdotale, che ha inventato l’idolo, il Dio, la dottrina, e che vive, spesso agiatamente, a spese di chi crede, esercitando con soddisfazione un potere egemone nella comunità, che non di rado si allea a quello del “principe” – lo Stato – nel torchiare i cittadini.
Il credente forza se stesso, mettendo a tacere la voce dell’intelligenza, per abbracciare una dottrina che, per essere efficace, deve necessariamente ancorarsi al sentimento; dando quel senso di pace che il credente sente come una conquista ma è più simile al comportamento dello struzzo, che immerge la testa nella sabbia.
I problemi, però, sono ancora tutti lì, sottratti alla vista, tacitati dalla coscienza, seppelliti nell’inconscio, sovrascritti dalla preghiera e dal rito, che incanta il pensiero, in uno stato di stupore, come in una catena di montaggio.


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